Michele suicida per disperazione

Precario di 30 anni si suicida


Un altra vittima della nostra società vuota e inutile, è stato spinto all'estremo sacrificio, suicidandosi a soli 30 anni...


Ragazzo di 30 anni si suicida


Su tutti i giornali e i media web e non, è uscita la notizia di un ragazzo friulano di trent'anni, che si è suicidato poco tempo fa, perché stanco di questo stile di vita che, la società e il mercato del lavoro, hanno imposto ai giovani e non solo. Stufo di mille ipocrisie, così come di rifiuti legalizzati, alla ricerca di un lavoro oppure di un amore femminile che non arriverà mai, Michele (questo il nome del ragazzo) ha deciso di farla finita perché stufo e perché non vedeva vie di uscita di altro genere.

La vita insulsa può, senza ombra di dubbio, se protratta per lungo tempo, portare a pensieri depressivi e decisioni perentorie, cosa che ha interessato anche questo ragazzo. Non sto qui a giudicare il suo gesto, poiché penso le stesse cose che ha lasciato scritte, nero su bianco, sull'ultima lettera, lasciata per spiegare il suo gesto. 

Voglio riportare la sua lettera completa per onorare il suo pensiero, almeno qui, e per cercare di spiegare a coloro che leggono queste righe, che non siamo soli, ce ne sono altri che la pensano così, anche se poi non tutti decidono di cedere, ma probabilmente si tratta solo di raggiungere la classica goccia che fa traboccare il vaso.

A chiunque voglia o si azzardi a scrivere che  era un perdente o che si tratta dell'azione di un vigliacco, rispondo che la gente che parla così non ha mai toccato il fondo dentro di sé, al di là di ogni tipo di dolore e difficoltà che ogni umano possa passare nella sua vita. Non siamo tutti uguali e non reagiamo tutti alla stessa maniera verso esperienze similari. Solitamente , chi si permette di giudicare con leggerezza chi ha deciso di farla finita, è solo uno che fa il coraggioso con il culo degli altri, perché in fondo o gli sta bene la sua vita o non ha mai sofferto abbastanza.

Ma vediamo la lettera di Michele (R.I.P.):

" di MICHELE

Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.

Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.

Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.

Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.

Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.

A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.

Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.

Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.

Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.

Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.

Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.

Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.

Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.
Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.

Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.

P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.
Ho resistito finché ho potuto."

Lettera affidata ai genitori del ragazzo al giornale messaggeroveneto.gelocal.it

Devo dire che, il parlamentare Poletti potrebbe solo che vergognarsi per le sue uscite sui giovani, visto che suo figlio è il classico giovane "aiutato" (per non dire altro) che, come tutti i politici, ha avuto la vita facile, diversamente dai ragazzi che non sono figli di soggetti politicamente importanti e con agganci di vario genere, esattamente come funziona sempre in Italia, il Paese dei ladri e delle puttane...

Ministro Poletti e figlio indagato


Un altra vita che forse poteva essere utilizzata per arricchire le nostre vite, ma che invece la società ha lasciato andare alla "demolizione", perché ritenuta inutile..... che schifo di società e figli di buona donna di politici....



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